martedì 8 gennaio 2013

Che strana cosa sono il piacere e il dolore;
sembra che ognuno di loro segua sempre il suo contrario,
e che tutti e due non vogliano mai trovarsi nella stessa persona.
Socrate.



Socrate nacque ad Atene tra il 470 e il 469 a. C. Egli riceve la tradizionale educazione che veniva impartita ai benestanti: poesia, musica e ginnastica. I suoi primi interessi per la retorica e gli studi naturalistici, sono grazie ai filosofi Anassagora e Protagora che, più di altri influenzeranno Socrate.
A differenza dei sofisti, mirava a convincere l'interlocutore non ricorrendo ad argomenti retorici e suggestivi, ma sulla base di argomenti razionali.
Socrate, nonostante la sua importanza storica, non ha lasciato nulla di scritto (egli stesso preferiva trasmettere direttamente a voce i suoi insegnamenti). Tutto quello che si sa di lui si deve al lavoro del suo principale allievo, Platone, che scrisse abbondantemente sulla figura del maestro e ne fece il protagonista di gran parte delle sue opere.

L'ignoranza è l'origine di tutti i mali.
 
 
Socrate andava per Atene e interrogava i passanti seminando il dubbio. poneva loro delle domande su concetti come amore, coraggio e bellezza. Loro davano lui delle risposte non riuscendo però a generalizzare la definizione del concetto, egli le confutava. L'interlocutore veniva deriso perchè vestito di falsa sapienza, vedeva cadere tutte le proprie idee. Gli era stata svelata la sua ignoranza.
Il filosofo non intendeva insegnare le proprie verità. Ma cercava di aiutare gli altri.
Il soggetto così si allontanava turbato, stimolato però a riflettere sui suoi pensieri e provando a ragionare con la propria testa. Socrate faceva ragionare i più pericolosi, coloro i quali erano incapaci di accettare verità differenti dal loro ideale. Le persone dicevano che seminava il dubbio e smontava le verità altrui, per questo motivo venne creticato.
per lui filosofare era dialogare. Il discutere con gli altri e il confrontarsi con gli altri guidava verso la formazione di nuove idee.
Aveva dei discepoli ai quali tramandava i suoi pensieri, che non erano pensieri politici ma insegnava loro l'arte della maieutica: l'arte di far partorire una verità dall'anima di ognuno.
Uno stratagemma della maieutica socratica era l'ironia, ovvero egli fingeva di non sapere niente o di non capire nulla riguardo un certo argomento, per poi colpire improvvisamente con domande pungenti e più che mai sensate, ma che sembravano dettate dall'ingenuità, in modo da mettere l'interlocutore davanti ai suoi errori. Di fronte alla sicurezza derivante dall'opinione comune, Socrate opponeva il bisogno di analizzare razionalmente affermazioni affrettate e date per scontate.

Se, ad esempio, un generale affermava che il coraggio in battaglia consisteva nella resistenza indomita, Socrate notava che anche una ritirata si poteva dire coraggiosa se serviva a vincere e ad evitare inutili perdite.

 

Socrate inoltre afferma di essere guidato da un demone, non un diavolo, ma una voce divina che lo tratteneva dal compiere certe azioni (quelle ingiuste). Di fronte all'impossibilità di agire in mancanza della conoscenza del bene, l'uomo deve dunque affidarsi alla voce di quella verità che si trova già in lui, ma che se oscurata dall'eccessivo abbandonarsi all'istinto, non percepisce più come guida.